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Invecchiamento della popolazione e tecnologia: opportunità e sviluppi.

In vista del primo Tangible Morning di quest'anno, abbiamo fatto una chiacchierata con Nicola Gencarelli di Fondazione ASPHI, che ci ha inquadrato gli argomenti di cui parleremo insieme martedì prossimo.
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Manuele Forcucci
Illustrazione di un anziona che usa un mobile vicino ad uno smart home object

Disclaimer: l'intervista è stata rilasciata prima dei DPCM del 8/03 e del 09/03 che hanno innalzato le misure di contenimento dell'epidemia di COVID-19, facendo rientrare la provincia di Rimini (e quindi Santarcangelo, dove ha sede il nostro ufficio) prima e l'intera nazione poi, in zona protetta rossa. Nelle risposte di Nicola ci sono riferimenti ad attività che avevamo previsto di fare in presenza nei nostri spazi, ma siccome abbiamo deciso di sospendere temporaneamente i lavori in presenza nel nostro ufficio fino al 3 di aprile e di passare in modalità full remote, l'evento rimane confermato in solo streaming. Segui l'evento su Facebook , nei prossimi giorni condivideremo maggiori dettagli sulle modalità di streaming.

Secondo l’ultimo rapporto annuale ISTAT, gli indicatori demografici in Italia vedono un progressivo e inevitabile invecchiamento della popolazione, dovuto ad una combinazione di fattori tra cui il costante calo della natalità sommato ad una generale crescita dell’aspettativa di vita. 
Le proiezioni vedono un’età media che passerà dagli attuali 44,9 anni agli oltre 50 entro il 2065, anno in cui gli over 65 potrebbero rappresentare una fascia prossima al 34% della popolazione. Un processo ritenuto dall’ISTAT come certo ed intenso.
Davanti a queste evidenze, in quale maniera noi designer e sviluppatori possiamo interpretare questi dati? Quali tipo di domande dobbiamo farci per creare le condizioni affinché sia possibile progettare prodotti e servizi inclusivi che tengano conto dei naturali decadimenti fisici e cognitivi delle persone?

Per stimolare questo tipo di riflessione abbiamo deciso di ospitare per il primo Tangible Morning di quest’anno Nicola Gencarelli di ASPHI Onlus, che ci aiuterà a comprendere meglio come la tecnologia e il design possano giocare un ruolo importante nei processi di facilitazione delle attività quotidiane e relazionali degli anziani, secondo principi di equità ed inclusione. 
Un contesto in cui la tecnologia può giocare un fattore determinante anche nel processo culturale dietro questa evoluzione, che può lasciare indietro certo senso comune che vede gli anziani come un peso per la collettività e non come una risorsa.

Per questa occasione abbiamo deciso di fare qualche domanda a Nicola, per capire meglio quali sono le opportunità da cogliere e gli sviluppi attesi rispetto ai processi di inclusione sociale degli anziani attraverso la tecnologia. 


Ciao Nicola! Innanzitutto raccontaci qualcosa di te e di cosa fai in Asphi.

Ciao e grazie per avermi invitato ad aprire i vostri Tangible Morning del 2020. 
Ho 40 anni, sono un educatore, vivo e lavoro a Bologna, e da più di 10 anni faccio parte del team di ricerca di Fondazione ASPHI Onlus, una no profit che si occupa di tecnologie informatiche per la disabilità. La nostra mission è quella di diffondere la conoscenza e la pratica della tecnologia digitale come strumento di supporto e di miglioramento della qualità della vita in tutte quelle situazioni in cui una difficoltà fisica o cognitiva mette a rischio la partecipazione sociale delle persone.

Nicola al lavoro su Clic4All con i colleghi di Fondazione ASPHI
Nicola al lavoro su Clic4All con i colleghi di Fondazione ASPHI

L’invecchiamento della popolazione (o Ageing Society) è una tendenza in continua ascesa, in particolar modo in Italia, dove l’aspettativa di vita è tra le maggiori al mondo. Secondo te, quali dovrebbero essere gli aspetti legati a questa tendenza, per i quali designer e sviluppatori devono tenere in conto quando progettano?

Con l’invecchiamento della popolazione aumenta la percentuale di persone con fragilità cognitive, fisiche e sociali. Per questo c’è bisogno di progettare nuovi servizi e nuove forme di convivenza. Il tradizionale modello di welfare familistico italiano (quello basato sulla famiglia come principale ambiente di protezione e cura) non può reggere. 
Credo che anche per designer e sviluppatori questo possa essere un’opportunità importante: non si tratta più e solo di rendere accessibile quello che già esiste, bisogna, in qualche modo, immaginare e disegnare modelli diversi da quelli che abbiamo utilizzato fino ad ora. Per fare un esempio, molto banale, in ambito web: non si tratta solo di seguire le regole per fare in modo che un sito sia accessibile e usabile. Serve immaginazione e capacità di leggere la complessità per progettare servizi e prodotti aperti alle aspettative, necessità e desideri della crescente porzione di cittadini con fragilità e dei loro caregivers.

Dal tuo punto di vista, nel prodotto o nei servizi digitali che vedi andare per la maggiore, quali sono le opportunità mancate nei riguardi delle persone anziane? Puoi farci un esempio pratico?

Quel che ancora manca e su cui si potrebbe investire di più è l’integrazione tra servizi e prodotti. Si parla tanto, ad esempio, di sportello unico per supportare chi affronta la disabilità o il decadimento cognitivo di un famigliare, ma nella realtà dei fatti non è così. Tutto è ancora molto frammentato. In generale la tecnologia c’è, ma manca un’integrazione fluida tra i servizi: nel nostro lavoro, ad esempio, sappiamo come un banale geo-localizzatore GPS o un “sensore segnala caduta”, possono essere strumenti per aiutare una famiglia a gestire la sicurezza di un parente con demenza senile. Ma finché queste tecnologie non sono conosciute, diffuse e integrate nei servizi socio-sanitari e assistenziali, rimarranno sempre una risposta sporadica. Noi facciamo un pezzetto, l’assistente sociale ne fa un altro, il medico, il vicino di casa e così via. Chi usufruisce di questi supporti, deve fare un grande sforzo per mettere insieme tutte le informazioni necessarie.

La seconda grande opportunità, sempre di carattere generale, è quella di cercare di mettere ordine e in qualche caso riformulare le domande e gli obiettivi che tutti noi ci poniamo rispetto all’invecchiamento, alla fragilità, alla disabilità e alla malattia (che sono cose ben distinte, a volte collegate, ma spesso erroneamente affrontate come fossero una cosa sola).
Faccio l’esempio dell’Alzheimer o delle demenze senili in genere. Rispetto agli attuali insuccessi delle terapie farmacologiche e delle speranze di cura, ci si sente impotenti e si vive con una costante senso di emergenza. È ovvio però che quella medico-sanitaria non può essere l’unica lente con cui leggiamo la realtà e cerchiamo soluzioni.  Non lo è, in genere, nelle nostre vite ma per qualche motivo lo diventa quando come società affrontiamo temi tabù come la fragilità, la disabilità, la malattia, la morte. 
Basta vedere cosa accade in questi giorni rispetto all’epidemia Covid 19 con tutti i nostri cortocircuiti logici, i paradossi di comunicazione, e in generale la difficoltà a dare senso alla nostra vulnerabilità. Trovo assurdo, in questo caso, che per cercare di consolarci ci affidiamo alla constatazione che a morire sarebbero soprattutto persone over 65 (ovvero più o meno il 40% della popolazione italiana) o di persone con non meglio specificate “patologie pregresse” (chi non le ha?). L’impegno e l’investimento nella ricerca medica e farmaceutica è fondamentale, ma dobbiamo avere a disposizione anche altre lenti (sociale, politica, economica, tecnologica, culturale, antropologica) per la ricerca di soluzioni, servizi e prodotti in grado di rispondere alle esigenze di una persona fragile, di una famiglia fragile, di una comunità fragile.

E qui, secondo me, emerge la sfida più difficile: aiutare le persone che affrontano la disabilità o la fragilità a focalizzare bisogni e possibili risorse da mettere in campo. 
In Fondazione ASPHI, ci capita di incontrare genitori di bambini o ragazzi con disturbi dello spettro autistico che vogliono sapere quale app, quale tablet, quale software educativo devono comprare per aiutare loro figlio. Una richiesta legittima, ma se ci limitiamo a rispondere solo a questo, manchiamo l’obiettivo principale. Anche qui, non è il modello familistico di welfare che può dare una chiave di lettura a lungo termine (dove solo i genitori, in questo caso, si prendono cura della crescita del loro bambino con disabilità). Serve un modello comunitario che preveda e includa le fragilità in modo naturale. Un modello nel quale, ad esempio, la scuola fa un uso diffuso della tecnologia come strumento di cooperazione della classe e dove il digitale può diventare strumento di mediazione e comunicazione tra bambini fragili e meno fragili, l’insegnante, i bidelli, la città.

Per quanto riguarda l’invecchiamento della popolazione, la sfida è un po’ più impegnativa, non foss’altro perché bisogna combattere ancora alcuni stereotipi. Quelli ad esempio che portano a pensare che una persona anziana fragile non abbia alcuna possibilità di apprendere a fare cose nuove, o non abbia interesse a imparare a usare un computer o uno smartphone. La nostra esperienza insegna il contrario.

Nicola che presenta un progetto davanti ad alcune persone
Al lavoro su progetto Alma Auxilia

Quali sono ad oggi gli aspetti per i quali la tecnologia sta aiutando maggiormente le persone anziane a gestire gli effetti dell’invecchiamento sul proprio corpo?

La tecnologia  può rappresentare per una persona anziana un’estensione protesica, ovvero un aiuto riferito al corpo, soprattutto per la comunicazione, la memoria, il movimento, il controllo dell’ambiente e le funzioni sensoriali. Ma il digitale può rappresentare anche un supporto sociale, d’identità e partecipazione, per uscire dall’isolamento, supportare le piccole autonomie quotidiane, tenere vivi gli interessi, aprire inaspettate finestre di apprendimento.

C’è chi dice che progettare pensando anche alle persone anziane ha un costo elevato e scarso valore commerciale, perché questo tipo di utenti sarà un utilizzatore a breve termine. Per questo sono fasce di utenti tipicamente “escluse”. Al di là della risposta etica, c’è una risposta che ragioni in termini di convenienza che possiamo imparare a dare?

Non ho mai studiato la cosa in modo approfondito, quindi non sono la persona più adatta per dare una risposta. Però mi fa sorridere l’espressione “utilizzatore a breve termine”. Chi non lo è? Se le nostre case sono piene di oggetti inutilizzati e i nostri cellulari di app aperte solo una volta, forse significa che siamo tutti potenziali utilizzatori a breve termine.
Alcuni dati però sono evidenti: innanzitutto le persone anziane sono molte e sono in crescita. Mi suona difficile pensarlo come un mercato di nicchia. Basti vedere il proliferare di servizi privati di assistenza e cura, di start up che investono sull’invecchiamento, ecc. 

Per quanto riguarda l’investimento da parte di aziende tecnologiche e del digitale, forse, in parte, questo interesse si rivelerà una bolla. Ma, spesso, i flop commerciali in questo ambito sono legati a prodotti e soluzioni partite con il piede sbagliato, perché viziate in fase di progettazione da un paradigma di determinismo tecnologico: vengono prototipati oggetti e servizi a partire da una tecnologia che si conosce e non da un percorso di studio e interpretazione dei bisogni reali. 
Anche il movimento maker (a cui noi siamo molto legati) rischia di fare molta polvere: a volte le idee che nascono in garage o, ancora meglio, in un hackathon sono dirompenti, ma altre volte di fatto reinventano la ruota e pagano l'ingenuità di non pensare alla diffusione, alla sostenibilità. 
Dal nostro punto di vista, il futuro del settore delle tecnologie per la qualità della vita e della salute è nella progettazione partecipata e nella contaminazione tra i saperi della riabilitazione e della cura e la vita e i desideri delle persone con fragilità.

Le possibilità ci sono: sia nel settore pubblico che nel privato, non manca chi vuole investire su prodotti e servizi innovativi: non dare risposte solide all’invecchiamento della popolazione ha un costo non solo sociale ma anche economico che pesa e peserà sempre di più sul sistema sanitario, assistenziale e previdenziale. 

Ultima domanda: cosa dovremo aspettarci dal tuo intervento durante il Tangible Morning? Dai, anticipaci qualcosa :)

Mi porterò qualche aggeggio da farvi provare, ma per lo più condividerò con voi esempi pratici di come nei nostri progetti e nella nostra ricerca usiamo le tecnologie per cercare di dare supporto alle persone anziane con fragilità: strumenti, idee, modelli, qualche suggerimento. Useremo il microscopio, per dare un’occhiata insieme a quel che c’è. Poi, mi piacerebbe provare ad alzare lo sguardo, prendere in mano il telescopio, puntare l’orizzonte, e fare qualche ipotesi su quel che ancora manca. 

Nicola sperimenta Click4All insieme ad altre 3 persone
Sperimentando Click4All con Leap Motion

Tecnologie multimediali e ausili per anziani è un evento che organizziamo per promuovere il dibattito tra designers e non designers. Avremmo voluto ospitare Nicola in Tangible e aprire l'ufficio a chiunque fosse interessato/a a seguire l'evento dal vivo. Purtroppo non sarà possibile, ma ci stiamo organizzando per fare in modo di trasmetterlo da remoto. Puoi ricevere aggiornamenti sulle modalità di partecipazione remota mettendo "Parteciperò" o "Mi interessa" sull'evento che abbiamo creato su Facebook.