Thinking

AI+Design per immaginare e progettare nuove esperienze e servizi

L’AI non è solo una questione tecnologica, ma cambiando le modalità di interazione tra persone e sistemi, apre opportunità per evolvere il ruolo del design: dalla strategia di innesto e di adozione, alla prototipazione di nuove interazioni, passando per una progettazione che favorisca la fiducia.

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Nicolò Volpato
Nicolò scrive su un post-it verde con un pennarello nero. Sullo sfondo, lavagne piene di post-it e schemi rappresentano un processo di brainstorming.

Nell'autunno 2019 portammo in Italia Josh Clark per un workshop dal titolo ancora estremamente attuale “Designing for what’s next”. Il tema centrale erano le nuove tipologie di interazione tra persone e interfacce, dalle quelle conversazionali all’AI.
Nel 2019 parlare di AI significava parlare di algoritmi predittivi e di computer vision.
I case study analizzati durante la giornata erano relativi infatti a motori di raccomandazione, smart defaults — cioè interazioni di default modellate su dati, statistiche e preferenze — e riconoscimento di immagini. 

Di quel workshop voglio ricordare qui tre concetti chiave, tre punti che definivano bene il “what’s next”: 

  • le interfacce stavano iniziando a cambiare ed evolvere, includendo porzioni intelligenti e reagendo a dati e input diversi da form e click (o tap),
  • per dirlo con le parole di Josh, l’AI sarebbe diventata una nuova materia prima del design,
  • un approccio critico e attento sarebbe diventato cruciale per progettare automatismi e intelligenza mantenendo utilità, sensazione di controllo, fiducia e sicurezza per gli utenti.

Fast forward ad oggi, quel next è diventato now e quei tre semi — che potevano suonare un po’ lontani o futuribili quella volta — sono ormai germogli pronti a fiorire, quanto mai interessanti.

In Tangible sono punti di cui parliamo e su cui ragioniamo da tempo, e che hanno orientato una serie di decisioni strategiche, dalla formazione interna all’R&D, per costruire e affinare le competenze e cambiare porzioni del nostro processo di lavoro.
Non mi riferisco alle applicazioni interne dell’AI, per efficientare parti del lavoro o accelerare parti di delivery: certo, stiamo guardando anche a queste con cura ed attenzione, per trarre benefici e amplificare il valore del nostro lavoro. Ne abbiamo parlato in eventi di design e ne parleremo sicuramente di nuovo nel prossimo futuro.
Mi riferisco invece al lavoro che facciamo con e per i nostri clienti, a come sfruttare il potenziale dell’AI qui, e a come aiutarli a evolvere i propri prodotti e servizi digitali in questa direzione.

Se l’interazione con i sistemi sta cambiando, come possiamo ripensare le modalità con cui le persone esplorano e utilizzano i prodotti e servizi digitali?

Progettare nuove interazioni

Gli strumenti di GenAI ci stanno abituando a forme di interazione conversazionali, per lo più chat basata su testo o voce. O ancora dandogli in pasto un’immagine o un contenuto.

Come possiamo immaginare nuove modalità di interazione con il nostro prodotto o servizio grazie all’AI?
Come possiamo offrire nuove modalità di interrogazione e consultazione dei dati, che supportino linguaggio naturale e domande “umane”, invece di una moltitudine di campi e filtri?
Come possiamo progettare prodotti phygital che reagiscono a input dell’ambiente circostante?


Pensiamo, ad esempio, a riprogettare l'area di Customer Care di un sito B2C, passando da una modalità consultativa ad una conversazionale, con un'interazione tipo Ask Anything, dove poter porre domande in linguaggio naturale e ottenere un output personalizzato ed immediatamente fruibile. 

Un'illustrazione mostra la trasformazione di un elenco di FAQ e ticket di supporto in una nuova interfaccia più intuitiva, con una domanda evidenziata: Dove trovo i bagagli smarriti?, accompagnata da una mappa e una sezione di domande frequenti.
Esempio: da FAQ a customer support a Ask Anything in linguaggio naturale e interazione conversazionale

Progettare nuove interfacce, dinamiche e “su misura”

Spoiler: trasformare ogni cosa in una chat non è una risposta. La demo di Gemini di qualche tempo fa ne è una chiara anticipazione.
Alcuni proof of concept e prodotti che ci è capitato di vedere in questi mesi contengono una cesura molto netta tra la porzione basata su AI — una chat, text-based — e il resto dell’esperienza — visivamente ricca, click/tap-based.

Come possiamo integrare le potenzialità dell'AI con lo stato dell’arte delle interfacce digitali?
Come possiamo fornire output personalizzati ma ricchi di interazione e visivamente integrati al resto dell’ecosistema digitale?
Come possiamo mettere a frutto anni di lavoro sui propri Design System, che molte aziende hanno costruito, per abilitare interfacce dinamiche?

Un'illustrazione rappresenta il miglioramento dell'esperienza utente nella ricerca di hotel: un testo con l’indicazione: Trova un hotel a Roma, viene trasformato con l'AI in una UI che mostra risultati di hotel con dettagli e pulsanti di prenotazione.
Esempio: costruire una proposta di viaggio personalizzata grazie all’AI, con UI dinamica.

Fail Test fast, test early

Siamo di nuovo in un momento di esperimenti e di grande velocità.
Alcuni principi che hanno guidato la precedente onda di innovazione — quella dei social, dello user generated content, dei Saas — tornano utili.

Come validiamo un’idea rapidamente e senza sostenere costi troppo alti?
Come possiamo mitigare i rischi di investire su una funzionalità AI poco utile o con scarsa adoption?
Come si inserisce nei processi attuali dell’azienda?

Problem-framing e prototipazione rapida sono di grande valore per questo scopo, e anzi, grazie all’AI, la potenzialità di produrre prototipi realistici in poco tempo aumenta. Così come aumenta la possibilità di poter produrre più opzioni, più scenari e più prototipi, con cui divergere e testare diverse ipotesi, amplificando la fase di apprendimento.

Un diagramma del doppio diamante illustra il processo di design: a sinistra, la definizione del problema con elementi come business, strategia, design e dati che convergono nella costruzione del giusto prodotto. A destra, l’ottimizzazione della soluzione con la costruzione del prodotto nel modo giusto
Il mantra di Y Combinator, l’incubatore che ha supportato alcune delle startup più importanti al mondo, è “Make something people want”, proprio a sottolineare l’approccio all’innovazione che privilegia il comprendere l’opportunità/problema prima di tutto.

Progettare per la fiducia

Ne abbiamo parlato e scritto tanto in Tangible, sono temi a cui siamo legati da anni e non mi dilungherò quindi in questo post.

Come possiamo rendere il nostro prodotto trasparente, chiaro e affidabile?
Come e quando richiamiamo l’attenzione dell’utente e lo mettiamo in controllo, anche attraverso meccanismi di cosiddetta "mindful friction"? 
Come rendiamo chiari gli errori, le approssimazioni e siamo onesti rispetto al “guessing” che stiamo operando grazie all’AI?

Vogliamo tenere un approccio realistico e bilanciato, perchè come con ogni tecnologia il come viene progettata fa la differenza tra comprensione e rifiuto, tra utilità e futilità, tra efficacia ed estemporaneità.

Un buon design è onesto.
Non fa sembrare un prodotto più innovativo, più potente o più prezioso di quanto non lo sia. Non cerca di manipolare il consumatore con promesse che non possono essere mantenute.

Dieter Rams

Quindi? What’s next?

Questo è intenzionalmente un post pieno di tanto domande, più che di risposte.
Lo spazio di identificazione del problema, o meglio ancora delle opportunità, nei progetti di innovazione è uno degli spazi dove oggi ha più valore il dialogo tra business e design.

Una slide di Martin Reeves di Boston Consulting Group, in un talk di poche settimane fa all’evento Autonomous
Una slide di Martin Reeves di Boston Consulting Group, in un talk di poche settimane fa all’evento Autonomous.

In Tangible abbiamo un progetto R&D dedicato ad AI+Design e ai 4 punti citati sopra, per questo, da oltre un anno, invitiamo data scientist ed esperti di AI per confrontarci ed espandere la nostra prospettiva.
Questa settimana faremo un passo ulteriore, dedicando due giorni di lavoro con Josh Clark al Sentient Design: un’opportunità per esplorare come l’AI possa rendere i sistemi non solo più avanzati, ma più sensibili al contesto e all’esperienza umana.

Vogliamo costruire insieme le risposte a queste domande?

Abbiamo creato un workshop per trasformare le incertezze in strategie concrete. Se anche tu stai esplorando il ruolo dell’AI nel tuo prodotto o servizio, parliamone.