Thinking

Evolvere al ritmo dell’AI

Abbiamo dedicato il nostro retreat estivo all’intersezione tra design e AI. Due giorni di confronto e sperimentazione per chiederci come cambia il nostro modo di progettare e quali competenze servono per accompagnare questa trasformazione.

Pubblicato il
Scritto da
Nicolò Volpato
Scena all’alba con barche nel porto, Monet, Impression, soleil levant (1872). Fonte Wikimedia Commons..

A metà giugno tutta Tangible si è fermata per quasi un paio di giorni per il nostro retreat aziendale estivo. È un rituale che avviene due volte l’anno, in estate e in inverno, per mettere dei punti fermi di incontro, di tempo in presenza e di tempo di presenza, fisica, mentale, emotiva. Momenti da dedicare a noi, a volte per imparare, a volte per confrontarci, altre volte solo per il piacere di stare insieme. Sempre per provare a crescere come team.

Questa volta lo abbiamo dedicato a farci domande, e la domanda che abbiamo messo al centro dello spazio è stata: come interpretiamo l’intersezione tra design e AI? Come cambia il nostro modo di lavorare o come cambia ciò che progetteremo?

Come facciamo sempre, applichiamo a noi stessi gli stessi metodi che applichiamo nei progetti per i nostri clienti, e progettiamo e facilitiamo workshop ad hoc per i nostri retreat per esplorare di volta in volta un problema o una domanda diversa, con un mix di tecniche e di strumenti che vengono cuciti insieme appositamente per l’occasione.

A che punto ci troviamo?

Siamo in un momento di passaggio, che precede un momento trasformativo.
Qualcuno lo paragona all’avvento della fotografia a metà ’800: per alcuni la pittura era finita, per altri invece liberata dal peso della riproduzione e pronta a esprimere tutto il suo potenziale. Oggi ricordiamo l’impressionismo come uno dei momenti più fertili della storia dell’arte.
Per certi versi, il design sta vivendo una trasformazione simile, da strumento di execution, fortemente industrializzato negli ultimi 5-10 anni, a pratica di ricerca di senso e di esplorazione strategica dei problemi e delle opportunità.

Escono articoli, ricerche e paper tutti i giorni, la velocità di tutto ciò che circonda l’AI è esponenziale. E così anche la proliferazione di framework, di metodi di approccio, di modelli di adoption, ecc. Lo sforzo, sia di tempo che di carico cognitivo, di stare dietro a tutto è enorme.

Tuttavia dai vari modelli raccolti e dagli esperimenti fatti in questi mesi, ci sono alcuni punti particolarmente interessanti da portare a galla, che sono emersi durante il nostro retreat e vogliamo condividere anche qui.

Nuovi modelli

In estrema sintesi, lo Stingray Model è una revisione del celebre Double Diamond che intende evidenziare come l’AI apra spazi nuovi nella fase divergente del processo, facendo tendere a zero tempo e costo di produrre più idee e più concept.
Nella fase convergente (scegliere che strada seguire, scegliere e valutare quale soluzione aderisce meglio al problema da risolvere) è invece chiave il giudizio umano. Siamo sempre in un contesto di amplificazione e non di sostituzione.

Di fatto già oggi in Tangible stiamo usando l’AI nel nostro processo esattamente così, come collega aggiuntivo nella fase di co-design e concept, e per visualizzare le idee (il buon vecchio mantra “make ideas tangible”, che è anche uno dei fondamenti del nostro brand 😉) in tempi sempre più rapidi.

Non è solo un aumento di efficienza, ma di efficacia: poter ampliare l’orizzonte di scelta, vedere nel concreto un’idea prima di decidere, confrontarsi non su concetti astratti ma su un artefatto visivo. Lo abbiamo fatto da sempre con concept e prototipi, ma con l’AI questo loop viene davvero amplificato.

Diagramma Stingray Model, rivisitazione del Double Diamond con area divergente amplificata dall’AI.
The AI-powered Stingray Model. Fonte: Board of Innovation.

Lean UX sotto una nuova luce

Qualcosa come 10 anni fa abbiamo portato in Italia Jeff Gothelf per il suo workshop di Lean UX ed eravamo entusiasti del suo approccio, che ha caratterizzato il nostro modus operandi da lì in avanti.
Ideazione, validazione, prototipo, sviluppo, raccogliamo evidenze e iteriamo.

Spesso tuttavia le dipendenze da team esterni e la complessità applicativa dei progetti rendevano queste iterazioni lunghe e il tempo tra idea e validazione. Oggi, con un team di design con competenze ibride e competenze AI, possiamo passare da idea a prototipo funzionante in Lovable, Bolt o strumenti analoghi in giorni, se non ore.

C’è un caveat molto rilevante qui però: non bisogna considerare, e vale anche per clienti e stakeholder, la velocità operativa come un valore di per sé. Saltare alle soluzioni, ipnotizzati dalla potenza degli strumenti AI e dalla velocità di esecuzione, non risolve il debito progettuale: lo amplifica. Serve invece aver chiarito a fondo il problema, collegandolo al beneficio di business e a quello per gli utenti, con metriche di successo definite.
Altrimenti avremo prodotto tante soluzioni veloci ad un problema inesistente, di scarso valore, o peggio, inquadrato in modo sbagliato.

Abbassare il costo e il tempo di prototipazione è utile per confrontarsi con più idee, vederle concretamente e operare maggiore discernimento nel selezionare le soluzioni da far evolvere, perché adatte ed efficaci rispetto al problema o all’opportunità individuati. In questo senso, l’AI è di nuovo un potente amplificatore e rimuove vincoli.

If "good" is all that remains after fast and cheap come easy, then what does "good" mean right now?
Insight, strategy, originality, taste, experience—those are the things that remain scarce in an era where fast and cheap are abundant. The opportunity is to focus less on grinding out efficiencies and more on creating value through new (and newly possible) experiences.

Josh Clark - Fonte: LinkedIn

I ruoli e le competenze di domani oggi

Ma la velocità non riguarda solo i prototipi. Porta con sé anche domande più profonde: chi sarà chiamato a progettare questi scenari e con quali strumenti? Da qui, il nostro confronto sui ruoli e sulle competenze del futuro.

Aiutandoci con un workshop e un cono dei futuri, abbiamo immaginato i progetti di innovazione dei prossimi anni e le sfide che i nostri clienti affronteranno. Da qui, a ritroso, ci siamo chiesti che team di design e che competenze servono per affrontare quegli scenari.
Questo processo ci ha fatto interrogare a fondo, qui riporto solo alcune delle domande emerse, come spunto:

  • in scenari ad alta complessità, le più utili sono le competenze sistemiche: Service Design, ricerca, Business Design, stanno di fatto diventando la nuova consulenza? E forse in questi scenari non è tanto un tema di dare consigli e previsioni, ma di facilitare l’emergere di conoscenza e di pensiero collettivi?
  • se l’interfaccia diventa dialogo o si dissolve in interazioni vocali o spaziali, di cosa parliamo quando parliamo di Interface Design? Sempre più specialistico per progettare i componenti del sistema e interaction design sempre più tecnico per progettare flussi, modello di dati e interazione?
  • in uno scenario conversazionale e di interazioni con AI, cosa significa progettare o declinare un brand? Quali sono le trasformazioni di linguaggio se il verbale prevale sul visivo?

In Tangible da sempre abbiamo ruoli ibridi e T-shaped (ne abbiamo parlato in passato), che spesso sono e sono stati sfidanti per le persone in ingresso nel nostro team, per via del set di competenze piuttosto ampio.
Abbiamo resistito alla parcellizzazione dei ruoli che abbiamo visto nel mercato recentemente, privilegiando profili con maggiore trasversalità e insistendo sull’avere sempre delle zone di sovrapposizione tra ruoli, per favorire la collaborazione, e delle espansioni verso tecnologia e business, per poter agire da connettori nei progetti. Oggi vediamo ancora di maggior valore questa trasversalità.

Stiamo disseminando competenze teoriche e pratiche di AI in ogni ruolo e in ogni parte del processo di design, perché allo stesso modo in cui progettare una buona UX è sempre stato il risultato di un team cross-funzionale (e non compito solo di un* UX designer), anche progettare esperienze con l’AI lo sarà. Ancora di più.

Questo aspetto è importante sia per abilitare e distribuire iniziativa e innovazione internamente (chiunque in qualunque ruolo può vedere e proporre aree di miglioramento grazie all’AI, introdurre strumenti, fare esperimenti, ecc.), sia per poter immaginare e progettare esperienza nuove per i nostri clienti, o sfruttare l’AI per risolvere sfide progettuali, indipendentemente dal ruolo e riducendo i colli di bottiglia al minimo.

Un esempio? Per un progetto di ricerca con gli utenti avevamo bisogno di indagare aspettative, reazioni, fiducia e interazione delle persone con un chatbot, che tuttavia era ancora in fase di sviluppo. Perché non prototiparlo, utilizzando un mix di strumenti AI e contenuti reali, e ottenere un feedback più verosimile grazie al prototipo?

Schermata del prototipo di chatbot usato nei test di ricerca utenti per PAT.
Prototipo del chatbot realizzato per la Provincia Autonoma di Trento: ci ha permesso di testare fiducia, aspettative e interazioni degli utenti anche prima che lo sviluppo fosse completato.

R&D e innovazione continua

Da qualche anno abbiamo strutture di ricerca e sviluppo in Tangible che operano come cerchi, con persone che vi dedicano una porzione del proprio tempo e degli obiettivi, e possibilità di contributi allargati dai colleghi e ricambio nel tempo anche delle persone che ne fanno parte. Li chiamiamo Stack e sono nati dal lavoro di trasformazione fatto insieme a Peoplerise.

Negli ultimi mesi l’area principale di ricerca è proprio l’AI legata ai processi di design, evoluzione della tematica di DesignOps precedente.
C’è un processo continuo di ricerca e sperimentazione, che poi condivide e apre ai team nuovi strumenti, nuove competenze, nuove modalità di fare le cose, per poi infine cambiare in corsa il processo di lavoro.
Piccoli miglioramenti continui, a supporto di quanto appena descritto per ruoli e competenze, la cui evoluzione è nutrita da questo flusso di R&D perenne.

L’evoluzione è talmente continua, che anche i processi di innovazione hanno bisogno di essere continui. Non è qualcosa che possiamo gestire di tanto in tanto, ma che ci accompagna man mano, e alla ricerca deve seguire l’adoption.
Tutto questo lo stiamo sperimentando direttamente su noi stessi
, che siamo da sempre un prototipo ongoing dell’organizzazione che vorremmo, ma sono concetti e modalità operative che consigliamo e auspichiamo anche per i nostri clienti e nei progetti che siamo chiamati a seguire.

Momenti del retreat Tangible: presentazioni, esercizi di gruppo e workshop collaborativi.


💡 Il workshop a cui accenniamo in questo articolo lo abbiamo progettato apposta per il problema che volevamo affrontare: è la stessa cosa che facciamo con i nostri clienti, in cui mixiamo una serie di strumenti e facilitiamo workshop ad hoc per i vari contesti di business e problemi da esplorare. Che siano scenari futuri, strategia di prodotto/servizio, o costruire un action plan per arrivarvi, lo abbiamo fatto per clienti corporate, retail, finance e banking.

Un processo analogo al nostro di R&D lo facciamo anche nei progetti, si chiama Continuous Discovery: esplora opportunità e problemi, genera esperimenti e valida soluzioni, per nutrire in modo continuo il flusso di lavoro operativo o di sviluppo di prodotto.

Questa continuità tra ciò che sperimentiamo internamente e ciò che offriamo nei progetti è ciò che dà forza al nostro approccio.
Se vuoi approfondire queste attività e confrontarti su come applicarlo nella tua organizzazione, puoi prenotare uno spazio di conversazione con noi.

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